di Simon Larocca
Viviamo in un’epoca dove l’unico limite rimasto, il cielo, è stato raggiunto e superato da ormai molto tempo: le molteplici tecnologie e conoscenze che abbiamo a disposizione, create dalla spinta propulsiva del progresso, ossia il level up sviluppato dall’essere umano nel corso della sua esistenza sulla Terra, ci conferiscono la possibilità, il diritto e il dovere di poter fare delle scelte.
Il Videogioco ci proietta in avanti e le possibilità che offre diventano infinite, perché essendo una forma d’arte multimediale possiede un linguaggio universale. Quando parliamo di titoli a mondo aperto ci riferiamo a quel particolare genere nel quale i giocatori hanno facoltà di esplorazione senza paletti (o quasi), un’area di gioco dalle dimensioni molto ampie (siamo passati da piccole città a pianeti interi) nella quale ci si può muovere interagendo con l’ambiente in piena libertà.
La moderna saga di Horizon, Fallout, il fantasy Skyrim, lo stesso Cyberpunk 2077: sono solo una piccola parte degli universi giganteschi che raccontano visioni differenti e spesso sconfinanti nel fantastico, eppure così credibili da rendere l’esperienza di gioco immersiva. Fallout, distopia che prevede il collasso della civiltà a favore di terre desolate e la caccia a risorse limitate come fulcro dell’esistenza, è un esempio calzante della deriva che potrebbe avere una società come la nostra, in un presente fatto di spreco di risorse, devastazione ambientale in nome del dio denaro e una generale mancanza di rispetto verso il pianeta che ci ospita.
Dopo aver messo in luce le inarrestabili piaghe della modernità come la minaccia nucleare, mai così attuale, molti titoli usciti dal 2000 in poi, partono da premesse realistiche fondate da avvenimenti storici e proiezioni di probabilità. “E se…” non è solo il titolo di uno dei tanti what if in stile Marvel, in questo caso, bensì la trasformazione di un’opera videoludica in una serie di stimoli per pensare, riflettere.
Deus Ex: Human Revolution ci ha condotto in un futuro molto simile al nostro dove impianti e innesti nanotecnologici dividono la popolazione, generano dissapori, garantiscono guadagni ai soliti squali a capo di aziende farmaceutiche e militari. Senza andare a tirare in ballo trame da cospirazione globale, non vi è mai capitato di giocare a The Last of Us e mettere il gioco in pausa, posare il joypad e rimuginare sulle scelte appena compiute nei panni di Ellie? Ellie, la teenager che vive in un mondo dove fanatismo religioso, cecità morale e aberrazioni varie la fanno da padroni?
Per fortuna, sono solo dei giochi, vero?
Pur di dimensioni più contenute rispetto ai videogiochi “big” sopracitati, esistono molti tentativi non necessariamente open world sviluppati con intenti di sensibilizzazione: ci ha provato anche Nintendo con il bellissimo Terra Nil, dove si deve riportare ogni ecosistema allo stato iniziale, quando ancora terre brulle, aree desertiche e siccità erano solo uno spauracchio distante.
Oppure il retrofuturistico Under The Wave, capolavoro dei Quantic Dream nel quale tematiche come solitudine, depressione e accettazione della perdita da parte del protagonista si amalgamano alle profonde riflessioni sull’oceano, il vasto e unico ambiente di gioco, un grande fratello blu minacciato dagli abusi umani.
Scegliere di preservare il pianeta in cui viviamo, scegliere di migliorarlo: la visione è ciò che ci differenzia dagli animali, intesa come sguardo verso un futuro che stiamo plasmando, visione che anche il Videogioco ha iniziato a concretizzare in quanto forma d’arte anticipatrice.
E che ci concede il lusso e il privilegio di gettare lo sguardo lontano, attraverso mondi fittizi, cercando di cambiare le cose impersonando personaggi comuni oppure eroi ed eroine, armati di spada, fucili laser o semplicemente il potere della mente, agenti del cambiamento: ciò che conta davvero, però, la regola più importante di tutte e che per noi appassionati non passa mai di moda.
Giocando s’impara.
Simon Larocca
Scrittore e socio di Retroedicola Video Club
Mi chiamo Simon Larocca, e sono un videogiocatore, collezionista e amante della cultura pop in tutte le sue forme. Vado al cinema ogni volta che posso, leggo da quando porto gli occhiali, quindi da sempre, e ho la passione per lo storytelling in tutte le sue forme, così dirompente da farla diventare una professione. Ma come direbbe Doc di Ritorno al Futuro, non ci sarebbe presente se non si guardasse al passato con rispetto e ammirazione, ed è il Simon bambino di più di trent’anni fa, anno più anno meno.
Simon Larocca
Scrittore e socio di Retroedicola Video Club
Mi chiamo Simon Larocca, e sono un videogiocatore, collezionista e amante della cultura pop in tutte le sue forme. Vado al cinema ogni volta che posso, leggo da quando porto gli occhiali, quindi da sempre, e ho la passione per lo storytelling in tutte le sue forme, così dirompente da farla diventare una professione. Ma come direbbe Doc di Ritorno al Futuro, non ci sarebbe presente se non si guardasse al passato con rispetto e ammirazione, ed è il Simon bambino di più di trent’anni fa, anno più anno meno.
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