AAA Investirci conviene ancora, oggi?

AAA Investirci conviene ancora, oggi?

Premi start

di Simon Larocca

17/09/2025

L’eterno dibattito su quali titoli siano migliori tra le due categorie di cui sto per parlarvi, beh, si perde davvero nella notte dei tempi, ovvero quando le grandi produzioni videoludiche hanno iniziato a “macinare” numeri e attirare l’attenzione di aziende e imprenditori.

Coloro che, fino a pochi decenni fa, avevano relegato il settore in un angolo, la nicchia dei nerd, in parole povere. Ma poi sono arrivati i giochi cosiddetti tripla A, mega-produzioni degne di un kolossal hollywoodiano e le cose sono cambiate.

Oggi, nel 2025, assistiamo di nuovo allo spostamento dell’ago in quella che è la bussola delle preferenze: da una parte i titoli AAA, annunciati con un grande battage pubblicitario, finanziamenti ciclopici e interessi che orbitano intorno a merchandising, action figures e quant’altro.

Sul fronte opposto abbiamo i giochi indipendenti e titoli sviluppati da case di produzione che affidano i loro prodotti a più team e più piccoli, con budget molto ridimensionati, eppure… Funzionano, funzionano eccome. Cosa sta succedendo?

In un articolo letto di recente e che ha suscitato il mio interesse (thegamebusiness), sono stati intervistati addetti ai lavori, manager e investitori, tratteggiando uno spaccato della situazione attuale che genera domande, ma fornisce a sua volta risposte interessanti, anche se inaspettate.

Facciamo un passo indietro: Cyberpunk 2077.

Oggi, l’opera dei CD Project RED la conosciamo più o meno tutti ed è considerato un titolo formidabile, in seguito ai numerosi aggiustamenti, l’introduzione di patch che negli anni successivi alla sua disastrosa uscita hanno sistemato quasi del tutto le falle, o meglio voragini esistenti all’inizio. Fu un investimento da oltre quattrocento milioni di dollari, tra produzione, sviluppo e il marketing massivo che venne fatto pre e post uscita: il risultato, a causa delle problematiche che tutti conosciamo (è un’ipotesi, ma plausibile se ci pensate bene), ci fornisce una delle possibili cause del pressoché totale ridimensionamento da parte delle compagnie che investono nei videogiochi, preferendo limitare i rischi inerenti a debacle finanziarie, oltre alla temibile bocciatura da parte dei fan.

Forse è anche alla luce del caso-studio Cyberpunk 2077 che Spike Laurie, uno dei partner di Hiro Capital, afferma che «c’è ottimismo. Si tratta di tornare ai fondamenti del buon business (…). I team da 500, 900 e 1000 persone si sono ridotti a gruppi molto più piccoli e snelli, e questo crea delle buone basi.»

Laurie parla di buon business, associandolo alla possibilità di lavorare con team di sviluppo decisamente meno corposi di quelli che di solito lavorano ai prodotti tripla A, e questo è sintomatico. Anche se il 2025 sembra smentire questa tendenza, con titoli che in gergo calcistico diremmo che fanno reparto da soli (Death Stranding 2 e Indiana Jones tanto per dirne, ma potrei continuare), bisogna considerare che si tratta per la maggior parte di essi di produzioni andate in cantiere già da qualche anno.

Una delle domande principali che viene posta nell’articolo riflette a sua volta la “nuova vision” degli investitori odierni: perché investire venti o trenta milioni di euro per un progetto AAA che non assicurerà un ritorno significativo del capitale, quando possiamo varare progetti di natura diversa e con mezzi altri, più efficaci e forti, magari, della presenza di game designers emergenti e talenti in crescita?

Come giustamente afferma Alexis Garavaryan, amministratore delegato di Kepler e Kowloon Nights, «i team di successo tendono a partire in modo più modesto, costruendo gradualmente.»

Costruire che cosa?

Le nuove IP, proprietà intellettuali capaci di scardinare sia a livello narrativo che d’intrattenimento il vecchio che ancora resiste, ma non potrà farlo per sempre.

Le nuove frontiere sono i social network, Discord sugli scudi, le piattaforme con i contenuti generati dagli stessi utenti (Roblox): quest’anno è già diventato terra di confine e solo chi avrà la lungimiranza, la visione a lungo termine e, perché no, il coraggio di credere in una storia potrà davvero fare la differenza.

author

Simon Larocca

Scrittore e socio di Retroedicola Video Club

Mi chiamo Simon Larocca, e sono un videogiocatore, collezionista e amante della cultura pop in tutte le sue forme. Vado al cinema ogni volta che posso, leggo da quando porto gli occhiali, quindi da sempre, e ho la passione per lo storytelling in tutte le sue forme, così dirompente da farla diventare una professione. Ma come direbbe Doc di Ritorno al Futuro, non ci sarebbe presente se non si guardasse al passato con rispetto e ammirazione, ed è il Simon bambino di più di trent’anni fa, anno più anno meno.

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